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mercoledì 16 gennaio 2008

racconto: "imposta sfondo"

Era tardi, come al solito, per prendere posto in aula in posizione almeno decente per
poter sentire bene la lezione di Fisica in facoltà. Era uscito in tutta fretta e non aveva
neanche avuto il tempo per una colazione "al volo", come invece faceva di solito.
Ma insomma, alla fine il secondo banco non era poi la peggior situazione che potesse
capitare.
Come al solito la lezione della Prof. Maggioni iniziò con qualche minuto di ritardo.
Arrivava normalmente in aula in tutta fretta, si toglieva il cappotto e cominciava subito
con le spiegazioni alla lavagna. E così fece anche stavolta. Solo che Marco era
insolitamente distratto, quella mattina, perchè aveva dormito poco e si sentiva piuttosto
assente. Non riusciva a prendere appunti, tanto la professoressa era rapida nelle spiegazioni,
e preferiva seguire con attenzione il più possibile per poi appuntarsi con calma ciò che ricordava.
I suoi colleghi studenti avevano gremito l'aula, ed accanto a lui si era seduta una graziosa
biondina che non aveva mai visto prima. Sembrava nuova di quel corso, molto concentrata
e del tutto incurante dei suoi vicini di banco.
Mordicchiava nervosamente la penna mentre seguiva attentamente la spiegazione. Era
vestita in maniera del tutto casuale, con stretti pantaloni jeans e un maglione dalle lunghe
maniche che copriva tutto. Non sembrava particolarmente attraente, ma il suo aspetto
pareva interessante.
Marco notò, oltre al piercing che le stringeva il labbro inferiore, anche le sue strane scarpe:
il momento e la situazione non sembravano proprio quelli adatti per indossare chissà cosa
e gli stivali neri, dal tacco lungo e sottile che le arrivavano fin sopra il polpaccio gli
sembrarono un pò troppo vistosi per una insignificante lezione di università.
Fu presto il "quarto d'ora" accademico, e tutti si affrettarono giù dalle scale dell'aula alcuni
per una sigaretta, altri per una semplice boccata d'aria. La biondina chiuse veloce il suo
quaderno, ci gettò sopra la penna e si alzò di scatto. Passandogli davanti sentì il suo
profumo speziato, ma non ci fece caso più di tanto. La seguì con lo sguardo incuriosito,
e si accorse che, sulle scale, i tacchi da vertigine l'avevano tradita al primo gradino.
"Cazz...", disse on voce poco più alta del normale, mentre con la gamba piegata fu
costretta a sedersi sugli scalini.
"Beh, con quei tacchi è il minimo!" le disse, mentre si voltò verso di lei", "Porca miseria
che male!", si teneva la caviglia con entrambe le mani, mentre l'aula era ormai semi
deserta.
"Dai, togliti ‘sti stivali, e speriamo che non si gonfi".
"Ehi, guarda che "’sti stivali", come li chiami te, li ho appena comprati e, oltretutto, li ho
pagati un occhio della testa!".
"Dai, toglilo e non ti lamentare!", le disse mentre la aiutava a sfilarselo. "Piacere, io
sono Marco". Un tiro forte e la caviglia era libera. "Piacere Marco. Lisa".
Aveva calza colorate, a strisce orizzontali alternate rosse...marroni...fucsia.... Erano
alte un pò meno degli stivali, e non appena liberato dalla scarpa il suo piede iniziò
ad agitarsi e a muovere le dita come se fosse stata aperta una gabbia ed assaporasse
solo ora il piacere della libertà! Lui le teneva la caviglia, ma la vista di quello spettacolo
non lo lasciò indifferente. Non era un appassionato del genere, ma trovarsi a contatto
con una parte così intima lo mise in forte imbarazzo. "Dai, non hai niente, è solo che se
circoli con questa roba ai piedi prima o poi devi mettere in conto che ti capita qualcosa, no?!"
"Perchè, cos'hanno che non va? Guarda che sono un'appassionata del genere, e
se proprio vuoi saperlo queste sono le più "normali" che ho"
"Una collezionista, insomma, che studia Ingegneria!"
"Beh", rispose Lisa, "diciamo un'esperta...almeno se consideri che avrò almeno 50
paia di scarpe”
“Per le lezioni scegli quelle col tacco meno di 10 cm, mi sa che è meglio per le tue
caviglie!” Mentre chiacchieravano aveva preso il suo piede nella mano destra, e con la
sinistra le teneva la caviglia. Notò subito che il piede era abbastanza piccolo (un 37?),
e sentì il calore della sua pianta sulla mano. “Dai, adesso rimettiti il trampolo che fra
poco ricominciamo”. Cercò di pensare ad altro, anche se si sentiva non poco turbato
da quella situazione inaspettata. “Grazie, Marco. Il mio piede di fata ti sarà eternamente
riconoscente!”. Si rimise lo stivale e si alzò, con lui che l’aiutava: “ormai è come se
fossimo amici da secoli, io e il tuo piede. Magari un giorno mi presenti anche l’altro, vuoi?”
Non trattene una risata, la giovane Lisa, mentre pensava a quanto carino e discreto era
stato quel collega appena conosciuto. “Ci vorrebbe un’occasione”, disse lei, “…magari
se lo inviti a bere un caffè…il mio piede, dico!”
Anche lui sorrise divertito, e decise tra se e se che la trovava simpatica. L’avrebbe
di sicuro tenuta d’occhio, nei giorni a seguire, e mentre se ne andò stretta nei suoi pantaloni
e nei suoi stivali lucidi pensava a quanto strano ed intenso fosse stato quel momento di…
...piacere?
La tenne d'occhio, infatti, e nelle lezioni dei giorni seguenti non mancava di rivolgerle sempre sorrisi ed occhiate di soppiatto. L'occasione per scambiare altre chiacchere non mancò, in quell'intervallo dopo qualche giorno."E' sempre valido l'invito del tuo piede?", le disse fingendo naturalezza, "Figurati, sarebbe un piacere, così magari ti presenta anche l'altro...". Lei lo assecondò senza troppa timidezza, ed un caffè alla casa dello studente, dove lei era ospitata come fuori-sede, fu fissato per quella stessa sera.E furono li, infatti, nel disordine di una stanza di ostello. "il caffè con la piastra elettrica...sarà fantastico", si scherniva Marco mentre si accomodava sulla poltrona mezza diroccata. "E la tua rinomata collezione di scarpe?". "Non penserai che le porti tutte con me qui a Roma, qui ce n'è solo una rappresentanza autorevole..." ed aprì uno stipetto in cui c'erano si e no una decina di paia, alla rinfusa ma tutte ben pulite e semi-nuove. "questa è la mia piccola fobia, non s'era capito? e tu di che cosa ti occupi quando non sei in facoltà?""Io faccio foto. Non per lavoro, ma è la mia passione da sempre". "E cosa fotografi?", domandò lei incuriosita."Beh, di tutto. Paesaggi, oggetti, animali. Anch'io ho la mia fobia...e mi perseguita da sempre, da quando ero bambino e i miei mi regalarono una pocket per la mia comunione".Era la verità. La sua fedele Nikon non lo lasciava mai solo, l'aveva con se dappertutto, finanche in facoltà dove, alcune volte, aveva fotgrafato di nascosto qualche suo collega con buffe ed insolite espressioni, presi nell'ascoltare le lezioni. Aveva interi armadi pieni di raccoglitori, con immagini di tutti i generi. Ma solo alcune fedelissime erano tra le sue preferite: "quelle che ho fatto in campagna, dai miei nonni"."Che strana passione. Strana perchè, da come ne parli, sembri proprio immerso totalmente in questa faccenda"."Come te per le scarpe...o no?""Ok. mettiamola così: dopo che ti sei ingozzato sto caffè, ti faccio fare delle foto al mio soggetto preferito!"Non aveva la macchina con se, non era così maniacale da portarla in giro anche quando si incontrava con amici."Allora non sei maniaco come dici", gli disse mentre gli porgeva il bicchierino da caffè."Lo vedrai se mi darai un'altra occasione...e poi quale sarebbe il soggetto da immortalare?""Senti Marco, vediamoci domani qui a quest'ora per...diciamo una sessione dedicata. Che ne dici?""Beh", disse lui, "...diciamo che non so se sei più pazza te, a dare tutta questa confidenza ad un quasi sconosciuto, o se sono io che...accetto!"
E fu così che si lasciarono, rimandando al giorno dopo quanto avevano deciso. In fondo Marco non aveva nulla in contrario, anzi: lei era carina e simpatica, e quel suo modo di trattarlo come un vecchio amico "innocuo" lo aveva messo subito a suo agio.
Il giorno dopo si incontrarono come deciso, e Marco scoprì presto quali erano le intenzioni di Lisa."Prima di tutto non far caso al casino, non è sempre così qui". Lei ora sembrava un pochino più indecisa del giorno prima, e così fu Marco a dover a sua volta rompere il ghiaccio. "Non ti preoccupare, non hai visto casa mia...". "Insomma, qual'è il soggetto da fotografare?". Ci aveva pensato su, nel frattempo, ed era quasi sicuro che si trattase di scarpe (che altro?!). Lei ne aveva di estremamente eleganti ai piedi, nere scollate con tacco alto che ben si stagliava sulle sue gambe. Non aveva calze, oggi, e si affrettò a poggiare le gambe su di uno sgabello per mettere ben in mostra i suoi gioielli -forse appena comprati per l'occasione."Coraggio, fammi vedere che ne esce!"La fedele Nikon super-tecnologica cominciò a scattare in varie pose, mentre lei si muoveva in varie zone della stanza per cambiare le impostazioni di luce e colore. A un tratto fu lui a prendere l'iniziativa: "perchè non cambiare le scarpe...". Ne passarono così in rassegna diverse paia ed alla fine, dopo una buona ora di lavoro, le foto scattate erano più di duecento. "Non avremo esagerato con le foto?" disse lei fintamente imbarazzata. "No, anzi... perchè non ne facciamo delle altre all'aperto? diciamo al parco...diciamo domani...?".Era strano, pensò mentre rientrava a casa in autobus, che una giovane collega le dimostrasse tanta amicizia e tanta intimità con solo pochi giorni di conoscenza. Ma la cosa non lo turbava, anzi: concluse che in fondo era un'amica che, per quanto insolita, lo divertiva molto.Passò la serata a scaricare le foto sul portatile, facendo piccole correzioni di colore e rimanendo quasi folgorato per la bellezza delle sue gambe alle quali, fino a quel momento, quasi non aveva prestato attenzione. C'erano foto di tutti i tipi: in luce e penombra, con le scarpe sul pavimento o sollevate su uno sgabello, stivali e scarpe da tennis. Le trovava davvero graziose ed intriganti, soprattutto per come era nata la situazione. Le archiviò e decise che ne avrebbe fatte stamparne alcune, prima o poi.L'indomani non c'era lezione in università. La mattina era libera, e con un rapido scambio di sms l'appuntamente a villa borghese fu una conclusione scontata...

Quando arrivò al punto prefissato Lisa era già li. La giornata era fresCa ma assolata, e non c'era molta gente in giro-vecchiette con il cagnolino, qualche nonno coi nipoti a far quattro passi. Si sedettero su una panchina gelida, mentre al sole cominciarono a chiaccherare del più e del meno. "Hai portato la macchina?" gli chiese all'improvviso, come per chiarire al più presto il motivo per cui erano li. "Certo, eccola", la tirò fuori dalla borsa eastpack che aveva con se, e cominciò a manovrare i settaggi in maniera quasi casuale."Dai che non ho molto tempo, oggi devo partire per tornare dai miei in Sicilia". Si avvicinava un breve periodo di vacanza, evidentemente lo avrebbe utilizzato per fare una visita ai suoi familiari. "Se sei pronta cominciamo anche subito".Aveva ai piedi delle scarpe da ginnastica perfettamente anonime, e la cosa lasciò Marco abbastanza stupefatto. "Dobbiamo fotografare quelle? non hanno mica niente di così fotogenico...". "No, ho un piccolo cambiamento da proporti...". Si stava già togliendo le scarpe bianche utilizzando i talloni, e liberando i fantasmini neri di cotone che le proteggevano i piedi. "Ma io veramente non sapevo...". Ecco, ora si che lui era sinceramente imbarazzato. "...oggi passiamo ai piedi...".Una volta liberati da scarpe e calze Marco si accorse di che splendidi piedini lei avesse: erano candidi come la neve, con dita proporzionate e senza alcuno smalto sulle unghie. Rimase qualche istante interdetto, sufficiente a tradire il suo imbarazzo, e poi riprese ad armeggiare con la sua Nikon."Come preferisci che ti inquadri?", le chiese tanto per dire una qualsiasi cosa. "Fai quello che ti pare...". Lisa rispose mentre gli appoggiava i piedi sulle gambe, a soli venti centimetri dalla camera, e dimenava le dita come se sentissero l'aria fresca di quella mattina romana per la prima volta nella storia dell'uomo. Marco impostò la macchina per foto "macro", quindi prese a scattare a ripetizione. Lisa non stava ferma un attimo, ed in poco tempo si alzò e prese a camminare scalza sull'erba ancora umida della notte. "mi sa che sei un pò pazza...". Lisa camminava, si inchinava a prendere un fiore bagnato, faceva strani inchini con le gambe... tutto fuorchè starsene ferma ed in posa come aveva fatto il giorno prima. C'era qualcosa di strano, pensò Marco mentre scattava e le correva dietro goffamente. "Ma ti vuoi fermare...". "Ok, Marco...l'ultima". Si sedette a terra mentre lui, accovacciato, le stava di fronte. Allungò le gambe ed alzò i piedi mostrandogli le piante, mentre le su dita si allargavano come i petali di un fiore appena sbocciato. Click."Non sei mica normale, oggi..." le disse, mentre sulle guance di Lisa stavano scorrendo forti le lacrime. "Ma che succede?!?!" Ora se n'era accorto, e non riusciva a capacitarsi..."Andiamo via", gli disse mentre si rimetteva le scarpe piangendo."Io non capisco...ma che ti capita?!"Non rispose, in men che non si dica si ritrovarono alla fermata da dove avrebbero preso due diversi autobus. "Dimmi almeno quando ci rivediamo..."Lei non rispose, piangeva mentre gli mostrava un telegramma che aveva ricevuto la mattina stessa dai suoi genitori. Le imponeva di rientrare in Sicilia, subito, definitivamente. Non erano davvero chiari i motivi di quel perentorio avvertimento, e lui non si sentì di domandare nulla. Lei scrisse su un biglietto un indirizzo, il suo indirizzo in provincia di Trapani, e glielo infilò nella borsa mentre montava sul bus. Rimase senza fiato, Marco, e non riusciva a credere che fosse vero. Una faccenda così divertente ed intrigante, nata per caso sugli scalini di un'aula di università...tutto troppo rapido,...mentre pensava a questo si ritrovò solo alla fermata, mentre davanti a lui svaniva qualcosa...E' sera, adesso, e Marco è davanti al PC a riguardarsi quelle foto...ora si accorge delle sue lacrime, ora vede quanto lei è turbata e triste...scorre le foto ad una ad una e pensa di stamparle, di spedirgliele...sarà quello che farà nei prossimi giorni, ora tutto sembra meno divertente e più usuale davanti a lui. un soffio è passato nelle sue giornate di studente, un soffio fresco che ha rischiarato il suo cervello intorpidito. Non ha altro da fare ora... al computer guardare la sua ultima foto, a tutto schermo...le sue gambe affusolate...le sue candide piante....le sue dita nervose...
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1 commento:

Anonimo ha detto...

Simpatico, mi piacerebbe leggere il continuo...